Una vita per il Jazz
Alberto Alberti è l’uomo che ha organizzato indimenticabili concerti, contribuendo ad allargare i confini della cultura musicale italiana ed è forse la persona che si è adoperata di più per diffondere e qualificare la musica jazz nel nostro Paese. Ci ha lasciati nel settembre del 2006, poco dopo aver ricevuto l’incarico di programmare la rinascita del Festival del Jazz a Bologna, ancora inconsapevole che una brutta malattia l’aveva già adocchiato e non gli avrebbe lasciato più tregua per progettare l’evento al quale da anni sognava di ridare vita.
Nel gennaio del 1953 Alberto intraprese un viaggio in Inghilterra insieme a Carlo Trevisani. Appassionati di Jazz fin dalla tenera età, i due amici, raggiunta Londra, si recarono direttamente al “One Hundred” di Oxford Street, un negozio dove si vendevano solo dischi jazz. Il proprietario era Colin Pomroy, ex pilota della RAF con baffetti ben curati e una gamba leggermente offesa in guerra. Vedendoli arrivare e acquistare per la quarta volta consecutiva, Pomroy propose loro di aprire in Italia un negozio di LP jazz di importazione, un negozio da lui stesso finanziato e fornito di dischi che Alberti e Trevisani avrebbero ripagato solo dopo averli venduti. La proposta fu subito accolta e all’ammezzato di via Caprarie 3 in Bologna venne inaugurato il “Disclub”, primo negozio in Italia dedito solo a dischi di Jazz esclusivamente d’importazione. Il Disclub divenne ben presto una vera e propria fucina organizzativa per l’attività jazzistica della nostra città.
Nel 1958, assieme a Cicci Foresti, Alberto creò il Festival del Jazz di Bologna, portando sotto le Due Torri, nel corso degli anni, artisti come Chet Baker, Kenny Drew, Gato Barbieri, Kenny Clarke, Charlie Mingus, Johnny Griffin, Mal Waldron, Don Cherry, Steve Lacy, Paul Bley, Dexter Gordon, Bill Evans, Oscar Peterson, Lee Konitz, Art Farmer, Hank Mobley, Phil Woods, Cecil Taylor, Keith Jarrett, Gary Burton, Ornette Coleman, Ray Charles, Dave Brubeck, Gerry Mulligan, Paul Desmond, Elvin Jones, Dizzy Gillespie, Sonny Stitt, Thelonius Monk, Art Blakey, Cedar Walton, B.B. King, Sarah Vaughan, Miles Davis, McCoy Tyner, Curtis Fuller, Carmen Mc Rae, Lionel Hampton, Stan Kenton, Oscar Peterson, Ella Fitzgerald, Tommy Flanagan e tanti altri, rendendo felici migliaia di fans, creandone altrettanti ex-novo, e regalando alla nostra città un ruolo di avanguardia nel settore, facendola cioè diventare un punto di riferimento internazionale per tutti gli appassionati del genere. Alberti fu raffinato intenditore e grande divulgatore, ideò manifestazioni ovunque: una su tutte nel 1973 Umbria Jazz. Alberti è stato il punto di riferimento per molti grandi artisti del panorama jazzistico americano di cui fu anche manager per l’Europa, come: Miles Davis, Dexter Gordon, Sarah Vaughan, Ella Fitzgerald, Cedar Walton, Chet Baker, Renè Thomas, Gato Barbieri, Kenny Clarke, Thelonious Monk, Charlie Mingus, Art Blakey, etc.
Alberto Alberti era una persona illuminata, elegante, dalla simpatia travolgente e cortese, un uomo con una sterminata cultura musicale e illimitate capacità comunicative, organizzative e umane. Conquistava immancabilmente chiunque entrasse nella sua sfera e riusciva ad amministrare in maniera impeccabile i ‘capricci’ dei suoi artisti; si racconta che più volte abbia improvvisato rocambolesche e leggendarie trovate per convincerli a suonare anche quando si mostravano riluttanti (magari per contrattempi dovuti ai loro stravizi).
Vero e proprio ossimoro umano, Alberto era dotato dell’”indolenza” più “produttiva” mai registrata al mondo. Burbero e gioviale, solitario e socievole, rigoroso e generoso fino all’eccesso, integralista e aperto, indomito e fragile, inflessibile e sensibile, con la sua voce suadente e profonda, senza retorica – ma non priva di tenerezza – Alberto, il Signore del Jazz, si è fatto amare da tutti, e tutti lo ricordano con entusiasmo e commozione.
Sarebbe bello un giorno riuscire a coniare un aggettivo fatto apposta per lui, una parola capace di descriverlo in pieno, una metafora in grado di condensarne per sempre il ricordo.
Ma troppo grande è la distanza tra il linguaggio a nostra disposizione e quell’essere così originale, insostituibile, intuitivo, carismatico.
Se non potrà, quindi, essere una parola a ricordarne l’essenza, visto che Alberto era un personaggio di un’intelligenza e una grandezza stellari, potrà farlo altrettanto bene una targa con una stella: sarà un’impronta permanente nella città a consentirci di averlo sempre con noi in maniera continua e leggera.